Nell’ambito dell’industria alimentare si sente spesso parlare di pulizia, sanificazione e disinfezione. Questi termini non sono sinonimi: designano infatti operazioni ben diverse, tutte fondamentali per garantire l’igiene e la sicurezza degli alimenti trattati.
In questo articolo analizziamo insieme le differenze tra pulizia, sanificazione e disinfezione e cerchiamo di capire concretamente come si applicano nel settore food.
Pulizia e sanificazione: cosa dice la normativa
L’articolo 1 del D.M. 274/1997 presenta queste definizioni:
- Attività di pulizia: quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rimuovere polveri, materiale non desiderato o sporcizia da superfici, oggetti, ambienti confinati ed aree di pertinenza.
- Attività di disinfezione: quelle che riguardano il complesso dei procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti confinati ed aree di pertinenza mediante la distruzione o inattivazione di microrganismi patogeni.
- Attività di sanificazione: quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l’attività di pulizia e/o disinfezione e/o di disinfestazione ovvero mediante il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda la temperatura, l’umidità e la ventilazione ovvero per quanto riguarda l’illuminazione e il rumore.
Cosa significa questo, in pratica?
Di fatto, possiamo dire che la pulizia è solo una parte del più complesso processo di sanificazione, che ha l’obiettivo di rendere igienicamente sicuro l’intero ambiente di lavoro, andando a intervenire anche sulla rimozione e distruzione delle principali fonti di contaminazione (microrganismi patogeni).
La sanificazione degli ambienti e delle superfici avviene infatti attraverso due fasi: un primo momento di pulizia e detersione e un secondo passaggio di disinfezione, in cui si andranno a eliminare i contaminanti patogeni.
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Fase uno: pulizia e detersione nell’industria alimentare
Nell’industria alimentare (ma non solo) quando parliamo di pulizia intendiamo tutte quelle operazioni che vanno a togliere “lo sporco visibile” di qualsiasi natura – polvere, grasso, liquidi, materiale organico- dagli ambienti e dalle superfici, tramite rimozione manuale, rimozione meccanica, uso del calore o rimozione chimica con acqua e sostanze detergenti.
La detersione iniziale delle superfici nell’industria alimentare comprende, in genere, quattro passaggi:
- Asportazione meccanica dello sporco grossolano
- Risciacquo iniziale con acqua calda con una temperatura tra i 45° C e i 60 C°. L’utilizzo di acqua con temperatura superiore ai 45 C° serve a “sciogliere” i grassi e favorirne il distacco; sopra i 60 C°, però, si rischia di “cuocere” proteine, zuccheri e grassi, rendendo le superfici e le attrezzature più difficili da pulire
- Applicazione del detergente, che serve a eliminare tutti i residui alimentari che non si sciolgono con l’acqua (soprattutto proteine e grassi)
- Risciacquo finale ed eventuale asciugatura
Le operazioni di pulizia e detersione sono fondamentali per ottenere una sanificazione efficace: basta pensare che, con una buona detersione, si può eliminare già il 90% della carica batterica delle superfici!
Per ottenete questo risultato, però, è necessaria un’attenta selezione delle attrezzature e dei detergenti da utilizzare, che variano caso per caso.
Quando si sceglie il detergente, ad esempio, bisogna tenere in considerazione molti fattori, quali:
- La durezza dell’acqua utilizzata
- Le modalità di applicazione (tempo di contatto, procedure, attrezzature a disposizione)
- I materiali da pulire (acciaio, legno, piastrelle….)
- Lo stato e la consistenza delle superfici da pulire (porose, scabrose…)
- La quantità, la tipologia e lo stato dello sporco (secco, bruciato…).
Il tipo di sporco da trattare è una delle variabili fondamentali da considerare nella scelta del detergente. Ogni stabilimento e ogni linea di prodotto presenta infatti difficoltà e sfide specifiche.
Un esempio?
I residui di zucchero, molto comuni nell’industria dolciaria, sono di base di facile rimozione perché solubili in acqua. Se sono sottoposti al calore, però, avviene il processo di caramellizzazione, che li rende più difficili da pulire: è necessario quindi fare attenzione alla temperatura utilizzata nelle operazioni di pulizia per evitare di scatenare questa reazione chimica. Se invece una parte del flusso di lavorazione genera residui già caramellati, bisogna ricorrere a tecniche di rimozione e detergenti più aggressivi.
Anche scegliere le giuste attrezzature di lavoro è un passaggio fondamentale. Come già accennato, le superfici hanno vari gradi di porosità, ruvidità, eccetera; diventa quindi indispensabile saper scegliere lo strumento idoneo per assicurarsi che tra i pori o sulle superfici in generale non rimangano residui di sporco o di detergente.
In pratica, se parliamo di macchinari in metallo, tipici degli stabilimenti di lavorazione carni, la pulizia sarà “semplice” perché l’utilizzo di lance a pressione permette di eliminare facilmente ogni residuo. Tuttavia, quando si ha a che fare con superfici non lisce come un pavimento antiscivolo, la scelta del disco da montare sulla lavasciuga per applicare il detergente è vincolante per ottenere un buon risultato e rimuovere ogni traccia di residui.
E quindi, quando possiamo considerare pulita una superficie? Di base quando è priva di residui, non è unta, non emana cattivi odori (ricordiamo che i batteri sono i primi responsabili degli odori sgradevoli!). Esistono due semplici test per verificare la pulizia di una superficie: passare un panno bianco e verificare che non si colori; versare dell’acqua e vedere se scorre in maniera uniforme, senza separarsi in piccole gocce.
Come abbiamo detto, però, una superficie pulita non è ancora sanificata! Per completare la sanificazione dobbiamo infatti passare alla fase due, la disinfezione.
2. Fase due: disinfezione
La disinfezione include quell’insieme di operazioni che consentono di distruggere o inattivare i batteri patogeni pericolosi.
La disinfezione può avvenire tramite diverse modalità. Alcuni processi di disinfezione sono “fisici”, basati sull’utilizzo del calore (fiamma diretta, calore secco o calore umido) o di radiazioni (ionizzanti e UV). Esistono poi tutta una serie di disinfettanti di tipo chimico, composti da sostanze quali cloroderivati, quaternati d’ammonio, componenti a base di iodio, aldeidi, sostanze che liberano ossigeno (es. acqua ossigenata, acido peracetico), galcoli (alcol etilico, alcol metilico etc).
La scelta della giusta tipologia di disinfezione non è né banale né scontata, e deve tenere in considerazione diversi elementi, come ad esempio:
- Il problema dei residui chimici della disinfezione
- Il problema della corrosione delle superfici, legato all’aggressività degli agenti disinfettanti
- La natura dello sporco – zuccheri, grassi, proteine e lipidi sono più o meno sensibili a determinate sostanze, quindi a ogni prodotto trattato (carni, pasta, frutta e verdura, conserve, dolci, alcolici eccetera) corrisponderà il “giusto” disinfettante
Come se tutto questo non bastasse, è poi necessario che, nella pratica quotidiana, il trattamento di disinfezione venga applicato in modo assolutamente rigoroso: la concentrazione del germicida deve essere quella esatta, così come la durata dell’esposizione e la temperatura della soluzione.
In campo alimentare, infatti, anche solo una piccola disattenzione, un tempo di applicazione insufficiente o giocare al risparmio sulla quantità di disinfettante significa far sopravvivere batteri molto nocivi e mettere a rischio la salute dei consumatori finali dei prodotti alimentari!
Insomma, la pulizia non è una cosa semplice come potrebbe sembrare! Per questo, soprattutto in un ambito delicato come quello dell’industria alimentare, è meglio rivolgersi sempre a professionisti in grado di valutare le soluzioni migliori da adottare sulla base del piano HACCP e che possono fornire personale qualificato e consapevole dei rischi e delle procedure adeguate.
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